Roma, 16 gennaio – Il tallone d’Achille della spesa per protezione sociale è l’assistenza ed è necessario un “cambio di registro”. È una delle conclusioni del dodicesimo Rapporto sul Bilancio del Sistema Previdenziale italiano, curato dal Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali, presentato nei giorni scorsi alla Camera dei Deputati e realizzato con il contributo, tra gli altri, della FeBAF.
Nel 2023, secondo gli ultimi dati disponibili, l’Italia ha complessivamente destinato a pensioni, sanità e assistenza oltre 583 miliardi, con un incremento del 4,32% rispetto all’anno precedente: la spesa per prestazioni sociali ha assorbito oltre la metà di quella pubblica totale. Tra il 2012 e il 2023 la spesa per welfare – pensioni, sanità e assistenza – è aumentata di oltre 151 miliardi (+35%). L’aumento è tuttavia ascrivibile soprattutto agli oneri assistenziali a carico della fiscalità generale, cresciuti di quasi il 138% (+78 miliardi). Occorre dunque porre attenzione alla necessità di separare previdenza e assistenza, contenendo e razionalizzando maggiormente quest’ultima. Alla “stretta” sull’assistenzialismo – si legge nel rapporto – andrebbero affiancati concreti interventi sul mercato del lavoro, rafforzando formazione, politiche attive e strumenti di incontro tra domanda e offerta. Quanto alla sola previdenza, il quadro appare più stabile anche in prospettiva, a patto che l’Italia prenda consapevolezza di essere dinanzi alla più grande transizione demografica di tutti i tempi. Proprio i trend demografici impongono un ripensamento del welfare tanto più che vincoli economici e di finanza pubblica impediranno ulteriori aumenti della spesa. “Serve una più forte integrazione tra pubblico e privato per arrivare al welfare mix che ormai caratterizza la maggior parte dei Paesi ad alto e medio reddito”, ha detto il Presidente di Itinerari Previdenziali, Alberto Brambilla, introducendo il rapporto alla presenza del Presidente della Camera, Lorenzo Fontana.