Per i 45 anni del Servizio sanitario nazionale (SSN) – nato nel 1978 col quarto Governo Andreotti, Ministro Tina Anselmi – l’Ufficio Valutazione Impatto del Senato fa un check-up del suo stato di salute, attraverso il confronto con altri sistemi sanitari. Il documento analizza i sistemi di Canada, Francia, Germania, Italia, Regno Unito, Spagna, Stati Uniti e Svezia allo scopo di includere i principali modelli di riferimento nell’ambito sia dei cd. “sistemi Bismark”, fondati su una struttura di tipo mutualistico-assicurativo obbligatorio (in uso ad es. in Francia e Germania), che dei sistemi “Beveridge”, ovvero di welfare state universalistico (come quello italiano o svedese tra gli altri), o infine del modello statunitense di assicurazione privata su base volontaria.
Il confronto si sviluppa su tre gruppi di indicatori. Il primo riguarda la spesa sanitaria (in rapporto al PIL, pro capite, numero di posti letto, ecc…); il secondo, la qualità delle prestazioni (tassi di mortalità, aspettative di vita, morti evitabili, ecc…); il terzo, gli stili di vita come fumo, tabacco e obesità. Se l’Italia si colloca virtuosamente e stabilmente al secondo miglior posto in tutti gli ambiti in quanto a stili di vita, occupa la parte bassa della classifica quanto alle risorse destinate alla sanità. In particolare, l’Italia risulta ultima a livello di spesa sanitaria pubblica totale in rapporto al PIL, penultima per spesa pubblica pro capite e per spesa ospedaliera pro capite. Ma è in fatto di long-term care che l’Italia indossa una vera e propria maglia nera: le strutture residenziali offrono 18,8 posti ogni 1.000 abitanti di età pari o superiore a 65 anni. “È un dato particolarmente rilevante, che disallinea il nostro SSN rispetto a tutti gli altri: si noti il distacco con gli Stati Uniti (29,9 posti), che pure occupano il penultimo posto di questa classifica. Gli altri Paesi destinano alle cure di lungo periodo risorse significativamente più ingenti, fino al picco svedese di 68,1 posti letto per 1000 abitanti della fascia d’età considerata”. Un elemento particolarmente allarmante in un Paese che continua ad invecchiare e in cui l’aspettativa di vita è una delle più lunghe al mondo. L’assenza di infrastrutture sociali adeguate – come più volte sottolineato dal Presidente di FeBAF, Fabio Cerchiai – richiede di rifondare la collaborazione tra il decisore pubblico, chiamato a definire priorità e regole del gioco, e gli investitori privati, con le loro risorse e competenze.