L’eccesso di regolazione sulle attività finanziarie rischia di aumentarne i costi e di paralizzarle con grave danno per la tutela del risparmio e per la crescita delle imprese. In Italia, alle regole europee si sommano disposizioni nazionali di goldplating e un’interpretazione del golden power che sembra riguardare ogni attività di M&A internazionale e nazionale, con il risultato di rendere meno competitivo il nostro mercato. È l’ammonimento del Consiglio Direttivo di AIFI, l’Associazione Italiana del Private Equity, Venture Capital e Private Debt, che si è riunito nei giorni scorsi a Milano.
La regolamentazione europea – si legge in una nota dell’associazione federata a FeBAF – impone vincoli che rischiano di ingessare il mercato del private capital, soprattutto quando ci si confronta con altre giurisdizioni che hanno adottato approcci meno rigidi. Tra i vari settori regolamentati considerati critici, AIFI cita: a) il monitoraggio degli investimenti esteri (regime del golden power in Italia) e, in prospettiva, degli investimenti “in uscita”, che rallenta le operazioni di M&A e cross border; b) la sicurezza informatica e la protezione dei dati a motivo del faticoso adeguamento al Regolamento DORA (Digital Operational Resilience Act); c) la finanza sostenibile che ha obbligato gli intermediari finanziari a sostenere importanti costi per adeguare strategie e processi di investimento secondo un approccio eccessivamente burocratico che ora è oggetto di un ripensamento, peraltro tutto da valutare per non vanificare gli sforzi sostenuti, delle stesse autorità. “Il mercato finanziario richiede quindi chiarezza e stabilità della regolamentazione, ma soprattutto la flessibilità necessaria per intervenire in modo efficace a sostegno del mondo produttivo. In caso contrario si continueranno a creare svantaggi competitivi per gli operatori europei e nazionali”, ha dichiarato Innocenzo Cipolletta, Presidente AIFI.